domenica 7 giugno 2009

Ci sono momenti

Ci sono momenti in cui il vuoto ti assale e ti pervade. Momenti in cui il terreno svanisce sotto i tuoi piedi. Momenti in cui ti puoi arrendere o combattere. In questi momenti io scrivo. O meglio trasmetto alle dita le parole che colgo nei meandri dell'universo che si connette magicamente al nostro cuore. Parole dure, forse. Parole dense, a tratti cupe.

Parole che mi liberano, sublimando il vuoto in una forma astratta eppur concreta.

Ecco quelle che mi hanno accompagnato e liberato qualche giorno fa.

Un volto perso nella nebbia
Distante, i lineamenti scomposti, sciolti dalla pioggia
Pioggia di semi d’argento e malto che si fondono in grida strazianti
Strazianti come quei primi vagiti.
Vagiti d’amore, di trionfo, di alienazione
Com’è grande il mondo,
oh madre, com’è grande.
Sensazioni stranianti lo colgono all’addome come pugni di vuoto esistenziale
Riconoscersi o scoprire? Entrare, uscire, partire.
Difficili traguardi si stagliano all’orizzonte. Si avvicinano allontanandosi
In beffardi sorrisi echeggianti ricordi lontani
Il monito del divino si sperde e si spande.
Moltitudini inarrestabili, globuli rossi e bianchi, guerre perse e mai combattute.
Senza senso il sangue perso.


Un uomo correva sul sentiero che conduceva in quel dove
Il battito del cuore martellava i suoi timpani dilatati dal sudore
Agitazione sensazione emozione
Difficile fermarlo, impossibile capirlo
Una corsa imposta, una corsa proposta, una corsa soccorsa
Correva quest’uomo, correva correva correva e mai si fermava
Il mondo svaniva dietro di lui, i colori svanivano nel grigio,
la terra si scioglieva in soffici nuvole
Un sentiero nel vuoto. Non sospeso ma inserito.
Un sentiero vuoto nel vuoto. Con un uomo che correva.
Correva allora e corre oggi.
Intorno a lui, il vuoto, non sembra ascoltare.


Sorpresa?
Ma quale sorpresa? Come si può attendere l’irrisolto, quando il risolto è stravolto?
Cenci addosso, caos intorno, vuoto dentro.
Odori scomparsi. Malinconia di un futuro ormai passato e di un passato ormai remoto.
Occasioni, erosioni, manifestazioni.
Sprazzi di totalità in estranianti gentilezze.
Stupore, sudore, odore, malore.


Chi era quell’uomo sconvolto che trascinava il sacco lungo la salita?
Un folle disperso? Un operaio stanco? Un contadino accaldato?
In molti se lo chiedevano. L’uomo ansimava e trascinava. Il volto impassibile,
il sudore colante.
Eccolo è giunto in cima. Si guarda intorno, apre il sacco e ci scopre l’infinito.
Ci si getta dentro e scompare.
Cosa resta? Un sacco vuoto, sporco di terra e fango e qualche goccia di sudore acido.

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